16.03.2016
Prowein e la complementarietà con Vinitaly
Continua l'ascesa della manifestazione di Düsseldorf che ormai ha consolidato il suo status di leader nel panorama del wine business internazionale. Il successo obbliga costanti evoluzioni e adeguamenti a partire, probabilmente, anche dal coraggio di iniziare a mettere alcuni paletti all'ingresso di nuovi espositori.
Come consueto aspettiamo la chiusura definitiva delle manifestazioni a cui partecipiamo per scrivere le nostre opinioni, riflessioni. Riteniamo, infatti, utile acquisire il maggior numero di informazioni, di pareri prima di dare giudizi o, più correttamente, fornire alcuni spunti di riflessione dal nostro osservatorio.
Partiamo da alcuni numeri di questa edizione 2016 di Prowein: 6.200 espositori provenienti da ben 59 Paesi, 55.000 visitatori professionali (+6% rispetto 2015), provenienti da 123 diversi Paesi. L'Italia è stata la leader tra gli espositori con 1.500 aziende, seguita da Francia (1.300), Germania (1.000), Spagna (550), Austria (320), Portogallo (300).
A questi si devono aggiungere un altro migliaio di espositori (considerando anche quelli degli spirits) provenienti da altri 53 Paesi (dalla Armenia alla Nuova Zelanda, dal Kosovo all'Argentina, dalla Moldavia al Brasile). Una vastità internazionale impressionante che ha fatto affermare correttamente ad un produttore italiano che abbiamo incontrato in fiera:"Al Prowein ti senti per forza umile nella consapevolezza di essere un piccolo granello di sabbia all'interno di un'offerta enologica che è sempre più imponente".
Ma a nostro parere questo "bagno di umiltà" può essere prezioso per le nostre imprese per capire quanto sia importante il tema della riconoscibilità e della fondamentale necessità di evidenziare le nostre peculiarità in maniera chiara e autentica. Ma questo sarà argomento di uno specifico articolo a breve.
Tornando ai numeri di Prowein, vogliamo sottoporre due riflessioni. La prima riguarda il numero degli espositori, soprattutto quelli italiani che sono, ovviamente quelli che ci stanno più a cuore. Come evidenziato erano in 1.500, tantissimi e, secondo noi, evitiamo giochi di parole, troppi.
Prowein è una manifestazione totalmente dedicata al trade e chi non ci arriva organizzato nella speranza che qualcuno passi casualmente allo stand perde solo soldi e tempo. Addirittura quest'anno, e questo deve far riflettere gli stessi organizzatori della manifestazione, abbiamo visto anche gli stand di alcuni storici importatori tedeschi di vini italiani con affluenze inferiori rispetto al passato.
Più di qualche produttore italiano presente in questi stand ci ha spiegato che ha dovuto muoversi spesso per andare ad incontrare buyer in altre aree. Abbiamo visto troppi espositori del nostro Paese girarsi i pollici nella solitudine dei loro stand. Alcuni ci hanno ripetuto una frase che a noi fa sempre paura ma è purtroppo molto eloquente: "sono passate poche persone…" e la nostra risposta è sempre la stessa "ma chi doveva passare?".
Pertanto, ripetiamo, chi non ha già un'agenda appuntamenti ben definita e non è ancora pronto per orientarsi in una fiera del business di questo genere non butti via i suoi soldi. E questo sarà positivo complessivamente anche per l'immagine del vino italiano che non deve far vedere i muscoli ma vendere bene (in termini di valore e profitto) la propria produzione.
La seconda riflessione è che i numeri di Prowein di oggi evidenziano che l'accreditamento di questa manifestazione come la prima a livello internazionale sul fronte del wine business lo si può considerare ormai acquisito. E per certi aspetti è una bella notizia perché noi, come scritto anche nel recente passato, non abbiamo mai creduto fino in fondo alla competizione tra fiere bensì alla possibile complementarietà tra le manifestazioni.
Per un'azienda del vino professionale, imprenditorialmente evoluta (e questo a prescindere dalle dimensioni), l'unica tipologia, tra l'altro, che può affrontare seriamente i mercati internazionali, una manifestazione capace di attrarre annualmente il trade mondiale che conta è più che sufficiente.
Oggi, inoltre, l'evoluzione di eventi sul fronte asiatico ad esempio (Hong Kong in primis), di fatto riduce ulteriormente gli spazi nel vecchio continente per altre manifestazioni di grande rilievo per il wine business.
Significa quindi che per Vinitaly i giochi sono chiusi? Ovviamente no e chi lo pensa a nostro parere sbaglia di grosso. Ma a nostro parere, e lo ripetiamo per l'ennesima volta, se il tema è una competizione tra le due fiere sullo stesso modello di impostazione e mission possiamo solo farci del male. Lo abbiamo detto anche a molti produttori che si e ci ponevano il quesito "ma se Prowein ormai è così cresciuto e dove ho potuto incontrare praticamente il 90% di buyer e importatori che mi interessavano, la mia adesione a Vinitaly anche in futuro sarà così necessaria?".
Noi pensiamo che sia una domanda legittima ma per certi aspetti un po' fuorviante. E cerchiamo, seppur brevemente in questo momento, nella speranza di poterlo approfondire presto, di spiegare alcuni motivi di questa nostra posizione.
Vinitaly è e a nostro parere deve esserlo anche in futuro la grande manifestazione del vino italiano, la più importante vetrina della più grande e straordinaria "biodiversità enologica" a livello mondiale, il miglior luogo per raccontare questa storia unica e inimitabile. E questo ruolo Vinitaly lo potrà e lo dovrà giocare evolvendosi con modelli di comunicazione sempre più innovativi e, fateci passare questo termine, anche coraggiosi.
Ma Vinitaly, secondo noi, nella logica delle complementarietà che prima ricordavamo, può anche assumersi un ruolo internazionale che oggi Prowein non svolge e difficilmente lo potrà fare anche in futuro (anche perché dovrebbe pericolosamente ampliare la sua mission), e cioè quello della promozione di una cultura mondiale del vino.
Nessuno come noi italiani ha titoli e attitudini per farlo. Siamo stati, e per certi aspetti lo siamo tuttora, i principali divulgatori della straordinaria cultura della dieta mediterranea (che ricordiamoci ha influito moltissimo in un Paese come gli Usa fino a farlo diventare il più grande mercato del vino a livello mondiale), siamo giustamente considerati il Paese di riferimento riguardo a temi chiave come lo stile e la qualità della vita, la ristorazione italiana non solo si sta ulteriormente espandendo nel mondo ma ha contaminato positivamente quasi tutte le cucine mondiali anche quelle più storiche.
E Vinitaly ha nel suo dna soprattutto lo spirito della "comunicazione", la promozione è la vera anima di questa nostra manifestazione. Cercare di cambiare pelle a 50 anni non solo è molto difficile ma a noi appare anche un esercizio inutile.
Paradossalmente l'incredibile offerta enologica presente al Prowein se da un lato testimonia la capacità della Fiera di Düsseldorf di attrarre espositori e buyer internazionali disposti a incontrare nuovi potenziali partner commerciali, dall'altro evidenzia anche la necessità di raccontare, spiegare meglio al mondo un panorama vitivinicolo così vasto e complesso.
Anche al Prowein la parola d'ordine è stata "è fondamentale aumentare la cultura, la conoscenza sul vino, sui territori di produzione, sui vitigni, sugli abbinamenti…". Abbiamo incontrato molti buyer disorientati (ne scriveremo presto anche di questo aspetto) che facevano fatica a districarsi non solo tra le nostre denominazioni ma anche tra le sempre più numerose proposte enologiche di altri Paesi.
Prowein non svolge (se non molto parzialmente) questo ruolo e come già evidenziato difficilmente lo potrà fare, ma Vinitaly sì.
Significa allora che nulla deve cambiare in Vinitaly? Ovviamente no, anzi proprio una scelta chiara e definita sulla mission della promozione del vino a livello internazionale deve portare ad un modello organizzativo e gestionale molto più spinto e competente su questi fronti.
Accreditarsi a livello internazionale, per esempio, sul fronte della ristorazione richiede organizzazione e investimenti specifici; accreditarsi sul fronte di tutti i nuovi influencer del vino obbliga un lavoro specifico; selezionare i più importanti divulgatori non solo della cultura enologica ma più in generale del lifestyle implica sforzi organizzativi molto impegnativi.
Siamo onesti fino in fondo, leggendo molti dei titoli delle iniziative messe in campo da Vinitaly in questi ultimi anni, riteniamo che quasi tutti i fronti sopra descritti siano ben conosciuti dal management della Fiera di Verona.
Il punto chiave ora sta nella scelta della "squadra" per realizzare tutti quei progetti che noi siamo convinti consentiranno a Vinitaly di guardare con ottimismo anche i prossimi 50 anni. "I progetti - come racconta bene un proverbio molto prezioso – camminano sulle teste delle persone, degli uomini e delle donne".
E questo, lo ricordiamo anche a tutti i produttori di vino del nostro Paese, sarà un bene per tutto il nostro settore.
Fabio Piccoli
Fonte: WineMeridian